Obiettivi

latino e greco parlatoI membri dell’Associazione ROMANO MORE si propongono di promuovere l’uso attivo, sia nella forma scritta sia nel parlato, del latino e del greco antico, allo scopo di contribuire con ciò al rinnovamento del loro insegnamento nelle scuole e di stimolare l’interesse di chiunque, anche al di fuori del mondo scolastico, voglia approfondirne la conoscenza in modo più spontaneo e naturale. È infatti convinzione dei soci fondatori che il parlare e lo scrivere una lingua non sia solo il metodo più rapido e facile per impararla, ma anche l’unico modo per giungere a possederne una reale padronanza, tale da permettere una conoscenza autentica e completa del patrimonio di idee e valori che in quella lingua sono espressi. La didattica delle lingue classiche attualmente praticata nelle scuole di tutto il mondo è invece orientata essenzialmente alla conoscenza passiva del testo esclusivamente scritto: in altri termini, è unicamente volta alla sua traduzione in una lingua moderna, attraverso la preliminare conoscenza delle regole grammaticali, acquisita tramite un studio quasi soltanto teorico e l’indispensabile quanto ingombrante utilizzo del dizionario. Come decenni di infruttuosi risultati dovrebbero comprovare, assieme a talune considerazioni di buon senso, un simile apprendimento è innaturale e quindi scarsamente efficace, oltre che poco stimolante; esso finisce infatti con il frustrare le migliori intenzioni e con l’alienare gli animi anche dei più volenterosi fra gli studenti a cui l’insegnamento del latino e in misura minore, del greco antico è ancora (ma per quanto?) imposto; studenti che nonostante l’impegno che uno studio così impostato richiede, non si sentono arricchiti dalla conoscenza di qualcosa che possa divenire veramente parte di sé, così da suscitarne il libero e spontaneo uso, e che permetta loro l’accesso diretto alle opere letterarie che per millenni sono state composte in quelle lingue. Il risultato è che il latino e il greco antico vengono oggi sempre più avvertiti dalla maggior parte degli studenti e disgraziatamente anche da un crescente numero di docenti, come un codice accessibile solo ad una ristretta cerchia di specialisti, i quali per scelta professionale debbano impararle per i limitati fini di uno studio storico-antropologico o linguistico, quasi fossero scienziati che indaghino i resti fossili di un organismo estinto o medici che effettuino l’autopsia di un corpo morto, incapace ormai di parlare ai vivi, ma ispezionato in modo asettico come testimone muto di un passato sepolto, come avviene per lingue, quelle sì ormai morte per sempre, come l’etrusco. Millenni di rinnovata vitalità e di ampia versatilità testimoniano invece che il latino in particolar modo, ma anche il greco antico, hanno conosciuto un destino diverso, cristallizzandosi in una forma e in un uso che le hanno rese immortali, proprio nel momento in cui hanno smesso di essere lingue impiegate per la comunicazione quotidiana. Questa loro natura particolare non impedisce tuttavia che esse, come ogni lingua al mondo, possano e debbano essere apprese attraverso il loro uso attivo, cioè attraverso la pratica dell’ascolto e del parlato da un lato e della lettura del maggior numero di testi possibile dall’altro. La riflessione grammaticale deve certamente accompagnare l’apprendimento ma non assorbirlo completamente, con il risultato di sterilizzarlo. E’ stata invece proprio l’adozione nella nostra epoca di un tale metodo, tutto incentrato sullo studio mnemonico e astratto di regole e sulla riflessione dei nessi logici all’interno di un testo solo ed unicamente scritto, che ha rapidamente mortificato le lingue antiche e reso mute le opere che in esse sono state scritte. impedendo che fra il lettore moderno e il testo antico si instaurasse il dialogo possibile solo fra persone che comunicano con lo stesso codice. Tale visione delle lingue classiche come qualcosa di così lontano dall’esperienza esistenziale al punto da non poter essere più parlate, è quindi l’effetto nefasto di un’impostazione didattica tutto sommato recente, risalente alla fine del secolo XIX, ma tanto perniciosa da aver portato quasi ovunque alla graduale riduzione dello spazio loro assegnato nei programmi scolastici e successivamente, con ormai pochissime eccezioni, al loro definitivo abbandono. Nell’errata convinzione che ritornare a parlare latino o greco sia impossibile, ci si accontenta oggi necessariamente di fornire agli studenti una conoscenza superficiale, che si dimentica velocemente, e che proprio per ciò non giustifica più agli occhi di molti il tanto impegno speso sui libri per apprendere quel poco che si riesce. Non si vuole vedere che il vizio risiede nella maniera in cui si impara e non nella natura di ciò che si impara e che basterebbe tornare ad un uso attivo per accelerare e facilitare enormemente il processo di apprendimento, rendendolo più naturale e gratificante.